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Marmo bianco

Alt. 105 cm

II d.C.


Scheda opera

Statua acefala di Venere

La scultura rappresenta una figura femminile stante acefala drappeggiata, che indossa il solo himation, posto attorno alla vita con un rimbocco, lasciando scoperto il busto. Il mantello scende coprendole tutte le gambe fino a toccare terra, mentre con un lembo, passando dietro la schiena, doveva salire sul braccio sinistro, come ci mostra la parte ancora conservata. La gamba destra è portante, mentre la sinistra è flessa, leggermente scartata lateralmente, di cui doveva essere possibile scorgere la punta del piede che fuoriusciva dalla veste, ora spezzato.

Il nostro esemplare, di buona qualità può essere facilmente identificato con il tipo denominato “Venere Marina”, come risulta dalle numerose copie romane esistenti di cui M. Bieber illustra un vasto repertorio con poche varianti sostanziali.

Rispetto a molte copie, la nostra scultura doveva presentarsi senza il caratteristico sostegno laterale formato da roccia e delfino, da cui deriverebbe il nome del tipo; infatti, essa è caratterizzata da un minore ancheggiamento e sbilanciamento laterale del busto, che rimane verticale; il braccio sinistro, oggi perduto, probabilmente era leggermente flesso con la mano poggiata sul fianco, ma nascosta sotto la veste; mentre il braccio destro abbassato era parallelo al fianco, oppure più difficilmente, come viene ricostruito in altri esemplari alzato e flesso lateralmente; la testa, mancante nel nostro esemplare, probabilmente era leggermente girata verso la gamba flessa.

Interessanti sono i confronti con la Venere conservata ai Musei Vaticani, Museo Chiaramonti, che però diversamente presenta il braccio sinistro aderente lungo il fianco sinistro; inoltre abbiamo la Venere al British Museum notevolmente somigliante al nostro esemplare, ma speculare nel movimento degli arti; infine il paragone più calzante risulta essere quello con la Venere Marina del Staatliche Museen di Berlino sia per la ponderazione, che per il movimento degli arti e soprattutto per il trattamento del panneggio, anche se nel nostro esemplare risulta maggiormente semplificato nella resa delle pieghe.

In base al confronto con queste opere è possibile inquadrare cronologicamente la nostra scultura rappresentante una Venere Marina, orientativamente intorno al II secolo d.C., quale copia romana da un originale di età ellenistica, probabilmente pergameno per la sensualità e la parziale nudità del corpo, così come è possibile riscontrare in copie di altri soggetti, quali l’Ermafrodito, l’Arianna dormiente e la celebre Venere di Milo.

 

BIBLIOGRAFIA di RIFERIMENTO: A Description of the collection of Ancient Marbles in the British Museum, London 1812, Part I, pl. VIII; Beschreibung der Antiken Skulpturen, Berlin 1891, pp.117-118, n.276; Bieber M., Ancient copies. Contributions to the history of Greek and Roman art, New York 1977, pl.32-33; Stadler M. (a cura di), Museo Chiaramonti, Berlin-New York 1995, voll. 2, fig.452, p.770.