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118 x 90,5 cm
Olio su tela


Scheda opera

Descrizione opera

Capriccio con rovine antiche e figure, alba (I)

Il giudizio critico


Conosco per visione diretta due dipinti raffiguranti entrambi rovine di antiche architetture e li ritengo opere caratteristiche e autografe del pittore napoletano settecentesco, nato non già nel 1700 – come si ritiene solitamente indicato nei lessici e come è stato erroneamente ripetuto nel catalogo della recente mostra “Civiltà del Settecento a Napoli”vol. I pag. 168 – bensì nel 1680 com’è stato accertato da tempo in base al ritrovamento della fede di matrimonio, che indica appunto tale data – e morto nel 1750. Oltre che dal genere inconfondibile e dai riscontri con tutte le opere più rappresentative del maestro, l’appartenenza dei due dipinti a Coccorante è resa certa dalla presenza nel primo di essi, giusto sotto la figura con la spada al fianco e in piedi, della sigla “LC” che è appunto quella già ben nota del pittore. Per quanto riguarda la datazione, occorre tener conto del fatto che l’arretramento di un ventennio, rispetto a quel che si credeva, della nascita del maestro, obbliga a una totale ristrutturazione della cronologia della sua produzione. Nell’attesa che tale ristrutturazione venga compiuta in sede competente, può essere sufficiente osservare intanto che le due opere sono nematicamente e stilisticamente vicinissime alle “Rovine con scene di guerra” della collezione Pucci a Napoli (confrontare in citato catalogo della mostra napoletana, vol. I, fig. 708); quindi che, insieme alla tela della collezione Pucci, or ora menzionata, esse rappresentano un momento di indubbia e avanzata maturità dell’arte di Coccorante, felicemente revocatrice dell’acutezza luministica di Viviano Codazzi e sospinta in avanti verso un clima già pre-romantico. Esempio veramente di rara bellezza pittorica e di rigorosa efficacia scenografica, le due opere facevano parte di una serie di quattro, ora divise in raccolte diverse, che devono essere ritenute fra i maggiori raggiungimenti dell’originale “rovinista” napoletano. È eccellente anche il loro stato di conservazione.

 

Ferdinando Bologna

23 novembre 1983