La Chiesa di Santo Stefano Rotondo e la Navicella a Roma
Il dipinto
Pittore girovago e assai prolifico, Giovanni Battista Crema nasce a Ferrara nella famiglia di un ricco avvocato cittadino. Questa agiatezza familiare gli consente di dedicarsi alle arti fin dall’adolescenza. Difatti Crema partirà nel 1899, appena sedicenne, alla volta di Napoli, per studiare alla’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Domenico Morelli. Il suo soggiorno partenopeo però s’interruppe due anni dopo a seguito della morte del suo illustre maestro. Crema quindi decise di completare il suo percorso in continuità didattica col compianto maestro: si trasferì a Bologna dove venne seguito dal pittore Domenico Ferri, che era stato anch’egli allievo di Morelli a Napoli.
Terminata l’esperienza bolognese, nel 1903 Crema si trasferisce a Roma assieme alla madre dove comincia a frequentare altri giovani colleghi come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Gino Severini e Duilio Cambellotti. Il retaggio divisionista che covava in lui grazie alle sue origini ferraresi trova qui un ambiente fertile che venne stimolato ulteriormente dai nuovi incontri romani. Comincia una fase di intensa produzione artistica, accompagnata da diverse esposizioni personali anche a livello internazionale.
Ed è a questo periodo che va attribuita la realizzazione di questa opera su carta, che raffigura uno degli scorci più misteriosi di Roma e sicuramente fra i meno inflazionati. Il silenzio che avvolge la scena è enfatizzato dal tenue bagliore del lampione nello sfondo che enfatizza il senso di meditazione che domina questa ambientazione crepuscolare. Così come la navicella al centro della scena sembra fungere da monito dello scorrere inesorabile del tempo e sembra volerci ricordare che la grandezza delle opere umane sopravviveranno allo scorrere delle stagioni. Una riflessione interiore perfettamente in linea con la dottrina divisionista appresa da ragazzo, di cui ancora si scorgono, anche in quest’opera, alcuni echi stilistici.
Parallelamente all’attività di pittore, Crema fu anche un giornalista, posizione questa che gli permise di mantenere una posizione imparziale rispetto all’ambiente artistico romano. E proprio a proposito del mondo capitolino, Crema non aderì mai al movimento della “Secessione romana” nonostante le chiare affinità stilistiche con le opere prodotte dai suoi affiliati. Anzi, criticò aspramente questo gruppo, denunciando i meccanismi massonici che secondo lui praticavano i suoi membri.