Cristo deriso
Il soggetto
Il racconto del dileggio di Cristo e della sua preparazione al patibolo ci viene riportato dal Vangelo di Marco:
“Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo”. (Marco 15, 16-20)
Ma c’è un altro elemento iconografico importante nella composizione: la lanterna che appare sopra la testa di Gesù che ne enfatizza la natura divina e presenta il Cristo come l’unico portatore di una luce di salvezza in un mondo di oscurità.
Il dipinto
Maurizio Marini attribuisce l’opera a Rubens e la data al periodo italiano del celebre artista fiammingo, fra il 1600 e il 1606, quando Rubens ricevette la commissione per la Cappella di Sant’Elena nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma.
Di questo ciclo sono rimaste solo alcune opere, oggi conservate a Grasse nel Museo della Cattedrale, tra le quali anche un Cristo deriso. Maurizio Marini considera l’elevata quantità di studi preparatori riguardanti il ciclo di Santa Croce in Gerusalemme e le varianti che l’opera qui analizzata presenta rispetto alla versione definitiva nella quale sono presenti anche altri personaggi di contorno attorno alla figura di Gesù.
Marini afferma che questo Cristo deriso è probabilmente un exemplum a memoria dell’importante commissione ottenuta a Roma, che Rubens volle conservare per se. Servono comunque ulteriori ricerche sull’autografia dell’opera che è da ritenersi comunque eseguita nella stretta cerchia rubensiana.