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25 x 13 cm
Olio su rame


Scheda opera

Coppia di vedute: L'Arco di Settimio Severo (II)


Il dipinto

Di Giovanni Battista Busiri non si hanno molte notizie biografiche. Si sa che era il figlio di Simon Beusire, un francese trapiantato a Roma (il cui cognome venne successivamente italianizzato in Busiri) e di Angela Francesca di Barlandino Manzoni. Le fonti parrocchiali ci dicono che Giovan Battista dimorava nella strada Paolina – l’attuale via del Babuino – e successivamente in Via della Purificazione. Sulla data di morte non c’è certezza, ma la si indica come di poco successiva al 1764, anno in cui è documentata quella che si ritiene essere la sua ultima opera firmata e datata, ovvero un’incisione derivata da un disegno paesaggistico del Guercino.

La sua carriera artistica cominciò attorno ai vent’anni, dapprima a livello dilettantistico e successivamente, incoraggiato dal successo che stava ottenendo nelle vendite, con un impegno sempre maggiore, dedicandosi completamente alla pittura di tipo paesaggistico, molto in voga a Roma in quel periodo.

Stilisticamente, Busiri operò sulla scia dei grandi maestri vedutisti del suo tempo, in particolare Gaspar Van Wittel e Jan Frans Van Bloemen detto Orizzonte, ma a differenza delle inquadrature ampie e ariose che utilizzavano questi due maestri, in Busiri i monumenti sono inquadrati uno per uno da una posizione molto ravvicinata, che li rendeva così gli assoluti protagonisti della composizione.

Questi dipinti di piccolo formato, dall’inquadratura originale e dalla vivace piacevolezza cromatica, caratterizzati da figurette accennate con pennellate dense di colore ma eseguite in maniera rapida e precisa, assumono  oggi un’importante valenza documentaria. Il supporto su cui preferì lavorare Busiri fu certamente la carta, su cui dipingeva a tempera, ma si dedicò con minore frequenza anche alle pitture su tela e a quelle su rame, come la coppia di piccole vedute presentate in questa scheda, che sono un ottimo esempio del lavoro di questo artista, secondo i canoni descritti sopra: difatti sia il Colosseo che l’Arco di Settimio Severo erano due fra i monumenti maggiormente visitati del Foro e quindi molto ricercati dalla clientela di collezionisti-viaggiatori.

Il nostro Busiri visse in un periodo in cui Roma era meta del grande turismo intellettuale da parte di giovani acculturati europei, che venivano a visitare i grandi monumenti del passato. Attorno ai viaggiatori del Gran Tour si era quindi sviluppato un mercato molto fiorente di immagini e paesaggi della Città Eterna che i viaggiatori amavano collezionare come ricordo del loro viaggio. È per questo motivo che oggi molte opere del Busiri si trovano in collezioni nobiliari inglesi: solamente la collezione Windhain, nei pressi di Norwich, possiede oggi più di una trentina di sue vedute.

Questo artista non riuscì mai a legarsi in maniera salda alla grande committenza romana, nobiliare o ecclesiastica che fosse e per questo motivo non ricevette mai commissioni di un certo livello, come  la decorazione murale di un palazzo o di una villa di campagna di qualche famiglia. Ma nonostante questo limite, il nostro Busiri riuscì ad inserirsi in questo tipo di mercato con artisti molto più celebri e considerati come Paolo Anesi o Andrea Locatelli. E con loro si spartì il campo del “vedutismo” romano di inizio Settecento.