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Marmo pario (lychnite)

Alt. cm 18,5; largh. cm 14,5; prof. cm 13,5

Fine IV secolo a.C


Scheda opera

Testa femminile velata

La testa, di dimensioni inferiori al vero, si imposta su un collo lungo ed esile, fratturato alla base, e ritrae una giovane donna dai lineamenti armoniosi e dall’espressione distaccata e sognante Il volto dall’ovale tondeggiante, concluso da un mento arrotondato, ha guance piene, zigomi larghi, fronte liscia e triangolare, il cui profilo continua nella linea del naso, che mostra dorso affilato e pinne carnose, con contorno seguito da una incisione. Le sopracciglia ad arcata ribassata, che si saldano con la radice del naso, ombreggiano gli occhi stretti e allungati, con angolo interno approfondito, palpebra superiore a nastro, palpebra inferiore sottile e aderente al globo; la bocca piccola e tumida, con incisura labiale segnata da un solco leggero, ha il labbro superiore dal disegno sinuoso, il labbro inferiore prominente e separato dal mento da una depressione marcata. Il viso è incorniciato da una massa corposa di capelli che, divisi da una scriminatura mediana, muovono all’indietro in due bande di ciocche ondulate, distinte da solchi di differente profondità, che lasciano parzialmente scoperti gli orecchi, eseguiti in maniera approssimativa, il cui lobo è attraversato da un foro. La restante capigliatura è coperta da un velo di stoffa pesante, che scende sulla nuca articolato all’esterno da rade pieghe dal dorso spigoloso, mentre sul lato interno è percorso da schematici solchi tracciati con lo scalpello. A breve distanza dall’orlo del velo si osservano dei forellini, uno posto all’altezza della tempia destra, uno in corrispondenza della scriminatura dei capelli, due, contenenti ancora avanzi di perni metallici, all’altezza della tempia sinistra. Fra il bordo ondulato del velo e le chiome si individua una stretta fascia dalla superficie non rifinita, che ha un’estensione in larghezza pari a quella della fronte. La testa è lievemente voltata e inclinata verso la sua destra; coerentemente con tale movimento la riproduzione dei lineamenti evidenzia asimmetrie piuttosto vistose, sicché sul lato destro la guancia appare più appiattita e sviluppata in profondità, l’occhio ha un taglio più allungato ed è posizionato più in basso, i capelli presentano un maggiore volume. La resa formale della scultura, plasmata esclusivamente a scalpello, tradisce in maniera inequivoca la sua natura di originale greco, realizzato da un artista di discreto livello che infonde vita al marmo mediante un modellato raffinato e sensibile, sapientemente tramato sul contrasto fra il caldo colorismo dei capelli, trattati con disinvolta naturalezza, e il pittoricismo dell’incarnato, le cui superfici luminose si animano di impercettibili risalti e depressioni nella zona naso-labiale e nella regione oculare. Una netta demarcazione separa la massa delle chiome dai piani del volto, la cui modulazione delicata rifugge da ogni definizione lineare dei tratti, che rimangono indistinti: il rendimento sfumato dei lineamenti, l’infossamento dell’angolo interno degli occhi, il moto di inclinazione imprimono al viso un tono di velata pateticità. L’acconciatura esibita dalla nostra testa, contraddistinta da una scriminatura mediana da cui prendono avvio due bande simmetriche di capelli convergenti in un nodo sulla nuca, viene codificata nella seconda metà del V secolo a.C. in statue di divinità create da maestri della cerchia fidiaca, che ci sono pervenute in originale o più spesso attraverso copie di età romana. Dagli ultimi decenni del secolo la pettinatura trova diffusione nella scultura delle diverse regioni del mondo greco e viene recepita nella plastica funeraria, a tutto tondo e a rilievo, che la impiega per immagini di defunte il cui capo è spesso corredato da un velo che lascia visibili soltanto le morbide ondulazioni ai lati della fronte. Una pettinatura a bande ondulate, che fuoriescono da un velo e si dispongono a formare una spessa corona intorno al volto, connota numerose teste dalla necropoli di Cirene, pertinenti a sculture che rappresentano come busto o come mezza figura una divinità femminile, identificabile verosimilmente con Persefone. Formulazioni peculiari di tale tipologia di acconciatura si incontrano in sculture tarantine di terracotta e di marmo, che ne danno un’interpretazione vigorosamente plastica, accentuando la corposità delle bande frontali. È quanto si osserva in una serie di testine fittili, databili a partire dalla fine del V secolo a.C., e in una testa di terracotta della prima metà del IV secolo a.C. notevole per l’impegno monumentale e la fattura accurata, che riveste uno speciale interesse in relazione alla nostra scultura. La capigliatura è infatti arricchita da un diadema di forma semicilindrica, con ornato a girali vegetali ai lati di due cuspidi contrapposte, che ha un significativo parallelo in un esemplare d’oro proveniente da una tomba di Crispiano, risalente al primo venticinquennio del IV secolo a.C. È del tutto verosimile che la testa in esame indossasse un diadema del genere, eseguito in metallo, che poteva essere alloggiato in corrispondenza della fascia non lavorata visibile alla sommità del capo, fra i capelli e l’orlo del velo. Difficile dire se i fori per perni praticati lungo il bordo del velo fossero in qualche modo in rapporto con il diadema, ovvero fossero finalizzati al fissaggio di ulteriori elementi esornativi. I fori nei lobi degli orecchi dovevano certamente accogliere degli orecchini, anch’essi verosimilmente realizzati in metallo. La morbidezza dell’incarnato, ricco di chiaroscuro, la tenera modulazione delle superfici nell’area della bocca e intorno agli occhi, la salda pienezza delle forme che caratterizzano la testa sono tratti stilistico-formali tipici della plastica in marmo tarantina, apprezzabili al meglio in una testa femminile velata conservata nel Museo di Kansas City e ricondotta alla metà del IV secolo a.C., che però mostra, a paragone con la nostra, una struttura più massiccia del volto e una più precisa definizione dei contorni, nitidamente delineati. La scultura tarantina, riportata alla fine del IV - inizi del III secolo a.C., si accomuna a quella in esame per l’intonazione espressiva, soffusa di pateticità, e per il tenue sfumato di tradizione prassitelica, che prelude al dissolvimento pressoché completo degli accenti lineari Alla luce di quanto esposto sembra ragionevole assegnare la scultura agli ultimi decenni del IV secolo a.C. La mancata conoscenza del contesto di rinvenimento e lo stato di conservazione impediscono di accertare l’identità del soggetto rappresentato: sebbene non si possa escludere che la testa appartenesse a una statua funeraria, la preziosità degli inserti in metallo e la probabile presenza di un diadema rendono preferibile pensare a una statua di destinazione votiva effigiante una divinità giovanile, come Kore-Persefone o ancor meglio Afrodite.