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Marmo bianco

Età severiana (inizi III secolo d.C.)


Scheda opera

Capitello ionico di colonna

Capitello ionico di colonna composto da un abaco quadrato, intagliato con uno stretto listello seguito da un ampio cavetto, poggiato sopra il canale delle volute ormai privo di distinzione lungo il margine superiore e notevolmente arretrato rispetto alle volute stesse, con le quali ha perso ogni forma di collegamento organico. In luogo del canonico kyma ionico, l’echino è interamente occupato da un cespo di acanto con larga foglia centrale trilobata da cui si dipartono due tralci simmetrici che si avvolgono in una spirale desinente con un largo fiore a campanula, sostituendosi così al tracciato delle volute. Tanto la foglia centrale del cespo, quanto le fronde laterali e il fiore che occupa la spirale sono scolpiti con moderato plasticismo e lavorati con abbondante uso del trapano, impiegato con piccoli forellini per suggerire in maniera alquanto astratta le divisioni fra i lobi e i margini frastagliati delle foglie. Sui fianchi le volute sono collegate da un pulvino rivestito da un’esuberante decorazione vegetale, composta da due corone di foglie d’acanto che presentano piccole zone d’ombra a goccia e la pagina solcata da nervature pressoché verticali e parallele, rese astrattamente con profondi solchi di trapano; al centro le foglie sono strette da un balteo tripartito, intagliato con una fascia assai stretta di foglie a squame sovrapposte affiancata da due astragali con perle sferiche alternate a sottili fusarole. Nel complesso il capitello si contraddistingue per la sua spiccata cifra decorativa, con un ornato vegetale che non solo ricopre fittamente le parti ad esso già deputate, come il pulvino, ma che si estende anche in zone normalmente occupate da altre forme di ornamenti, quale ad esempio l’echino. Sebbene manchino confronti puntuali per il cespo d’acanto che occupa l’echino, il capitello trova comunque dei paralleli stringenti negli esemplari ionici provenienti dalle Terme di Caracalla e reimpiegati nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, con i quali ha in comune la ricca ornamentazione del pulvino e il tralcio che invade le spirali. La lavorazione con piccoli fori di trapano a suggerire contorni frastagliati è tipica dei manufatti di età severiana, cosa che, insieme ai confronti citati, consente di datare il nostro capitello agli inizi del III secolo.