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48 x 74 cm
Olio su tela


Scheda opera

Veduta laterale del Foro Romano da Santa Francesca Romana verso il Campidoglio

Il soggetto
Le strade e gli scorci dell’antico Foro Romano e di altri importanti siti archeologici, hanno sempre esercitato un grande fascino su pittori italiani ed europei. Nell’Ottocento quest’attrazione si rafforzò ulteriormente grazie alle continue nuove scoperte archeologiche che fin dalla seconda metà del Settecento cominciarono a riportare alla luce capolavori sepolti da secoli.


Il dipinto
Le nuove importanti scoperte quali ad esempio Pompei, Ercolano e Stabia, furono un richiamo irresistibile per i giovani europei che visitavano l’Europa nel cosiddetto “Gran Tour”. Durante questi soggiorni, si approfondivano le conoscenze della cultura e delle arti locali e coloro che praticavano la pittura potevano trovare nuovi spunti d’ispirazione. Niels Frederik Schiottz- Jensen, artista Danese che visse a cavallo fra i secoli XIX e il XX, fu fra questi giovani artisti. Dopo un apprendistato presso un mercante, riuscì nello scopo di dedicarsi alla pittura, con l’ammissione all’Accademia Reale Danese di Belle Arti di Copenhagen, diplomandosi nel 1879. Proseguì successivamente i suoi studi presso l’Accademia Colarossi di Parigi dove si distinse per la propria abilità, ricevendo anche alcuni riconoscimenti. Le sue basi artistiche si fondavano sulla cultura ottocentesca romantica, restando di fatto insensibili al richiamo delle nuove avanguardie artistiche che si stavano diffondendo velocemente nell’Europa di fine Ottocento. Egli trasse spunto dai paesaggi della campagna francese e italiana oltre che, come accadde a molti pittori romantici, dalle colonie del Nord Africa. Dopo aver viaggiato in Tunisia, giunse a Roma nel 1911, data attorno alla quale si può collocare cronologicamente l’opera qui studiata. Nella città papale, Schiottz-Jensen si dedicò alla realizzazione di paesaggi squisitamente classicheggianti, attingendo alla lezione dei vedutisti romani settecenteschi; riuscì comunque a sviluppare un nuovo linguaggio che privilegiava l’aspetto realista del paesaggio, a dispetto di una bellezza idealizzata. L’opera della Collezione è un esempio di questa sintesi: evidente è il debito verso la scena di genere, ma la fluidità della pennellata, l’uso di piccoli colpi di luce su figure ed edifici e un’attenta cura per i dettagli aggiungono maggior realismo alla composizione. Un realismo bilanciato da elementi decorativi, quali le rovine antiche e i pezzi di colonna abbandonati lungo la strada che aiutano a mantenere il dipinto dentro una dimensione aulica, creando un senso di immobilità e silenzio. Una quiete che le figure umane non intaccano con la loro presenza, come se il tempo si fosse fermato per un istante.