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68,5 x 121 cm
Olio su tela


Scheda opera

Giudizio critico

Veduta di Villa Aldobrandini e della chiesa di Ss. Domenico e Sisto, a Roma

Il soggetto
La veduta di questo particolare scorcio di Roma, presenta una caratteristica peculiare nel panorama artistico: la rarità. Assai poche infatti, sono le vedute, anche di carattere incisorio, che riprendono questo angolo della Città Eterna che raffigura il Largo di Magnanapoli, con a sinistra lo scorcio delle mura di cinta e il portone di Villa Aldobrandini, mentre a destra è ben visibile la facciata della chiesa dei Ss. Domenico e Sisto, conosciuta anche come chiesa di San Sisto Nuovo. I due blocchi sono divisi al centro da una strada, l’attuale via Panisperna. Si tratta tuttavia di una veduta composta senza oggettive attinenze realistiche, che presenta una libera ricostruzione del luogo e dei monumenti.


Il dipinto

Questa “Veduta di Roma” è stata attribuita da Giancarlo Sestieri alla mano del pittore veneziano Jacopo Fabris (comunicazione scritta del 31 gennaio 2011). Nato nella Repubblica della Serenissima, da famiglia di origini tedesche, Fabris fu conosciuto principalmente per il suo lavoro di scenografo, che esercitò prevalentemente presso corti nobiliari tedesche e danesi. Le poche informazioni inerenti alla sua carriera portarono inizialmente gli studiosi a raccogliere le sue opere pittoriche sotto la sigla “SCOF” ovverosia “Seguace Canaletto Ombre Forti”, per via degli evidenti riferimenti al grande maestro che erano presenti nelle sue vedute, in particolare in quelle a soggetto veneziano. Il successivo recupero di alcune opere firmate fu fondamentale per scoprire e finalmente inquadrare la figura di questo pittore, per sviluppare uno studio più approfondito a riguardo e per ampliare il catalogo dei suoi dipinti, il quale include principalmente vedute, reali o idealizzate, di Roma e Venezia.

Caratteristiche di questo pittore sono le figure di rapida definizione e contrassegnate da un’allungata proiezione al suolo delle loro ombre. La composizione degli edifici invece mostra una distribuzione e un’impaginazione di stampo scenografico. Alcune incongruenze prospettiche con il reale scorcio romano raffigurato, portano a considerare l’ipotesi che il pittore non abbia eseguito quest’opera dal vero ma basandosi su schizzi o incisioni, oppure più semplicemente che egli l’abbia dipinta “a memoria”, attingendo a ricordi e a impressioni personali.

Difatti è documentato che Jacopo Fabris negli anni giovanili si formò professionalmente a Roma, città che lasciò sicuramente nel periodo antecedente al 1719. In quell’anno infatti, oramai trentenne, fu nominato pittore di corte a Karlsruhe presso il Margravio Karl Wilhelm von Baden-Durlach, dove fu incaricato di svolgere diversi incarichi tra cui quello di eseguire decorazioni e di creare macchinari teatrali.

Successivamente si spostò ad Amburgo dove lavorò per il conte Ahlefeldt che gli affidò la curatela del Teatro dell’Opera della città. A metà del 1700, Fabris visse per un breve e infruttuoso periodo a Londra; ritornò quindi in Germania, a Berlino, dove cominciò a lavorare alle dirette dipendenze di Federico il Grande, Re di Prussia. Dopo alcuni anni presso la corte reale tedesca, contraddistinti da grandi successi, Fabris decise di trasferirsi in Danimarca, dove si occupò degli allestimenti scenici del teatro di corte del sovrano Federico V, fino alla sua morte avvenuta nel 1761.