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Marmo bianco

Alt. massima 33 cm; largh. 37 cm; spessore 20 cm

Seconda metà III d.C.


Scheda opera

Frammento di sarcofago con delfino

Frammento che presenta un rilievo appartenente alla fronte di una cassa di sarcofago; si conserva il bordo inferiore liscio e il retro è lavorato a gradina. È riconoscibile la figura di un delfino in mezzo ai flutti, che volge lo sguardo verso una parte che emerge, probabilmente un’imbarcazione. Il cetaceo compare spesso sui sarcofagi come elemento caratterizzante delle onde marine superando il mero scopo decorativo per esaltare l’aspetto funerario del contesto: l’animale aveva infatti, fin dall’età molto antica, il ruolo di conduttore delle anime verso le Isole dei Beati. (Stebbins E., The delphin in the literature and art of Greece and Rome, Menasha-Wisconsin 1929)

L’immagine di delfini tra i flutti si ritrova come motivo di repertorio molto diffuso: scene di eroti cavalcanti delfini possono costituire il motivo principale delle fronte, dei fianchi, ma soprattutto dei coperchi di numerosi sarcofagi inquadrabili cronologicamente tra la metà del III e il IV secolo d.C.; oppure scene, derivate dal repertorio di età ellenistica, con eroti protagonisti di imprese di caccia, di pesca o di lotta contro svariati animali e intenti nelle numerose attività in mezzo al mare affiancati dai delfini come compagni di giochi, databili sempre al III d.C.

A questo secondo gruppo doveva appartenere il nostro frammento, che, se pur di ridotte dimensioni, confrontandolo con altri esemplari ci aiuta a ricostruire la raffigurazione che doveva essere presente sul sarcofago nella sua interezza con una scena di Eroti che conducono barche e pescano con reti, come si deduce dalle tracce del disegno inciso.

Da notare l’utilizzo del trapano, visibile nei piccoli forellini per la bocca e l’occhio del delfino, e confronti iconografici e stilistici sono possibili con i sarcofagi conservati nei Musei Vaticani, Museo Chiaramonti, collocabili cronologicamente tra la metà e la fine del III d.C. (B. Andre, (a cura di), Museo Chiaramonti, 3, Berlin – New York 1995, pp.886-887).