Archeologia | Scultura | Statuaria | Statuetta di Igea | Descrizione opera

Marmo pario

Alt. 76 cm; largh. 25 cm; prof. 13 cm

Metà I – inizio II secolo d.C.


Scheda opera

Statuetta di Igea

La piccola scultura rappresenta una figura femminile stante panneggiata identificabile con Higieia (Igea) per la presenza del serpente, come attributo, che si avvolge con le sue spire al braccio destro, come mostra mostrano le parti conservate. Entrambe le mani e parti del serpente sono spezzate. Igea è più frequentemente considerata figlia di Asclepio (secondo un’altra tradizione era una delle Esperidi) e in ambito latino è identificata come Salus o Valetudo. La statuetta è collocata su una base (largh. 24 cm; prof. 17,5 cm), ricavata dallo stesso blocco di marmo, dai lati curvilinei con riquadro liscio nella parte anteriore.

La figura di Igea si presenta frontale con la gamba destra portante, mentre la sinistra leggermente flessa è scartata avanti lateralmente; il busto segue tale inclinazione nel ritmo naturale della ponderazione con la spalla sinistra leggermente rialzata, mentre la destra si abbassa in corrispondenza della gamba portante; entrambe le braccia sono protese in avanti e flesse:l’avambraccio estro è avvolto dalle spire del serpente, che veniva così guidato dalla mano destra della fanciulla, ora mancante, verso la phiale, tenuta nella sinistra spezzata.

La testa leggermente inclinata si volge, inoltre, proprio verso sinistra ad osservare il movimento che sta per compiere il rettile; la capigliatura presenta una scriminatura centrale, che divide i capelli in due bande rigonfie dalla fitte ciocche ondulate e ben delineate, raccolte poi in una crocchia sulla nuca e lasciando leggermente scoperte le orecchie, secondo l’acconciatura tipica del IV secolo a.C. Sopra la fronte indossa un diadema semilunato e due piccoli riccioli appena rilevati ricadono ai lati della scriminatura al centro della fronte, mentre altri, sfuggiti alla pettinatura, sono vicini alle orecchie. Il volto piccolo e ovale è ben delineato con naso dal dorso piatto, la cui linea prosegue nelle regolari e ampie arcate sopraccigliari con cuscinetti sovraorbitali; la bocca è piccola, chiusa, dal labbro inferiore carnoso e mento sfuggente.

Igea veste un chitone manicato a cui è sovrapposto un peplo dorico, fermato sulle spalle da due bottoni e cinto in vita sotto il kolpos, che ampio scende con morbidezza al di sotto dell’apoptygma con numerose pieghe e appoggiandosi lateralmente ai fianchi. L’abito è aperto sul fianco destro, dove i due lembi vicini scendono formando profonde pieghe a zig zag da due piombini, che trattengono anche l’apoptygma. Il peplo abbondante e dalle numerose pieghe, segnate da profonde solcature, arriva fino a terra lasciando scoperte le sole dita dei piedi.

Considerazioni di carattere formale permettono di collocare questo tipo di peplophoros nell’ambito di rielaborazioni di età ellenistica nelle copie romane. L’uso contemporaneo di chitone e peplo non può risalire ad un modello di età classica, così come il lungo kolpos, non ancora schiacciato sotto il peso del corto apoptygma.

In tale ambito rientra per confronto, la statuetta di Igea, proveniente dal santuario di Asclepio a Kos ed ora conservata a Istambul, di piccole dimensioni, nel medesimo schema iconografico con entrambe le braccia protese e nel cavo del braccio sinistro un attributo andato perduto. Riconosciuta da M. Bieber quale scultura originale del primo ellenismo e prodotta sotto l’influenza di opere della corrente post-prassitelica, mostra lo stesso modello di riferimento anche della nostra statuetta di Igea.

Sculture di Igea stante del medesimo tipo iconografico con le braccia protese in avanti e flesse con l’avambraccio destro avvolto dalle spire del serpente e con la phiale nella mano sinistra, sono conservate una al British Museum, proveniente dal tempio di Apollo a Cirene; un’altra era nella Collezione Giustiniani, come mostra una stampa presente nella Biblioteca Casanatense; infine, presso il Museo Regionale Archeologico “A. Salinas” di Palermo, già collezione Cavaceppi, un esemplare del I a.C. chemostra notevoli somiglianze con la nostra Igea, ma di qualità inferiore.

Nella difficoltà di un inquadramento preciso, è possibile collocare la nostra scultura intorno alla metà del I – metà II secolo a.C., in considerazione dei confronti rintracciati, l’utilizzo del pregiato marmo pario e la raffinatezza dello sguardo e dei delicati lineamenti del volto.